ehhhhh è lungo da riassumere!
meglio continuare a postare....
CAPITOLO 3: UN ANGELO ALL’INFERNO
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell'al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non é uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla é più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.
Nazim Hikmet,Alla vitaErik camminava a passo svelto verso la casa di Nadir.
Negli ultimi tempi aveva iniziato a recarsi in città di quando in quando,perlomeno quando la sua presenza era indispensabile…era un modo per non sprofondare nella pazzia della semiclausura che si era imposto. All’Opera era sempre stato nascosto nell’ombra,ma circondato da centinaia di persone,ignare della sua presenza,ma rumorose e piene di vita..talvolta il silenzio sembrava penetrargli nel cuore e nella mente come la lama di un coltello,e allora sentiva il disperato bisogno di un contatto umano.. un bisogno che non ho mai avuto, riflettè, prima che quell’Angelo entrasse nella mia vita..
Il Persiano si era dimenticato di recarsi al casale per ritirare l’ultimo progetto di Erik,e quest’ultimo infastidito aveva deciso di portarglielo di persona. Dopo tutto non faceva così freddo,quella notte..ed aveva una gran voglia di vedere la città immersa nello scintillante tramestio notturno,tipico della vita parigina.
Aveva fatto in fretta,il tempo di scendere da cavallo e di bussare alla porta di Nadir,che già addormentato e in evidente stato di confusione aveva preso in mano il progetto,senza chiedergli cosa fosse,e perché lui si trovasse in città a quell’ora. La sua indolenza orientale ogni tanto lo irritava ogni oltre dire.
Dio,quest’uomo alle volte si comporta come uno stupido!pensò rabbiosamente.
Eppure un attimo dopo si pentì di quella riflessione.
Nadir gli aveva salvato la vita,un tempo,e gli era rimasto amico,nonostante avesse quasi tentato di ucciderlo… quante altre persone lo avrebbero fatto?
Mentre si affrettava verso casa,si accorse di trovarsi nel quartiere in cui era andata a vivere Madame Giry.
A quell’ora sicuramente lei e la figlia stavano dormendo…non avrebbe osato disturbarle,sebbene da parecchio tempo non vedesse la sua protettrice.
Sembrava che lei lo volesse evitare,e lui non riusciva a capirne la ragione..
“Ehi voi!”Quelle parole lo fecero rabbrividire. Possibile che qualcuno lo avesse riconosciuto?
Fece finta di nulla. Forse quella voce non si stava rivolgendo a lui,anche se..
..la strada era deserta a quell’ora.
“Dico a VOI…io vi conosco!”Erik si voltò di scatto,per incontrare lo sguardo di una giovane donna,una prostituta presumibilmente, a giudicare dai suoi modi e dall’aspetto.
Era piccola di statura,gli arrivava appena alle spalle. Aveva un aspetto misero e denutrito,era sporca e lacera. Era molto giovane,non poteva avere più di vent’anni.
Istintivamente Erik avvertì un senso di pietà,orrore e preoccupazione davanti a quel mucchietto d’ossa.
Chi diavolo era? Come se gli avesse letto nelle mente,la ragazza scoppiò a ridere,in modo volgare.
“Lo sapevo che non mi avreste riconosciuta! Come potreste…sono molto cambiata dall’ultima volta che mi avete vista. Il mio nome è Catherine Renard. Ora vi ricordate?”
Erik sussultò.
Erano anni che non sentiva pronunciare il nome dei Renard.
Jules Renard…il suo primo socio in affari lì a Parigi,subito dopo la sua fuga dalla Persia.. ricordava bene quell’uomo. Gli era stato sempre fedele,aveva svolto con scrupolo il suo lavoro.
Era stato quasi un amico.
Ma prima che scoppiasse la guerra con i Prussiani,sua moglie –una donna avida e ottusa,capace soltanto di sfornare bambini a ripetizione – lo aveva cacciato in malo modo.
Era successo per caso…una bambina era caduta dalle scale,in sua presenza,e Madame Renard lo aveva accusato di essere lui,con il suo mostruoso aspetto,la causa di quella disgrazia.
Per la volta ennesima il mondo degli uomini lo aveva allontanato,e lui se ne era andato da quella casa con il cuore stretto,dopo aver lasciato all’ormai ex socio una somma sufficiente a curare la bambina.
La bambina.. un angioletto biondo che giaceva a terra,in una pozza di sangue.. una profonda ferita sulla tempia sinistra…
..la donna davanti a lui aveva una cicatrice all’altezza della tempia sinistra. “La bambina..la bambina caduta dalle scale…”mormorò,come trasognato.
Di nuovo la ragazza rise in modo sguaiato.
“Sì,proprio io! Non mi sorprende davvero che non mi abbiate riconosciuto..ma io riconoscerei la vostra maschera anche all’Inferno.”
Le ultime parole non furono dette con rabbia o minaccia,ma con una sorta di amara tristezza.
“Tu..come..i tuoi genitori?” riuscì soltanto a dire.
“La mamma è morta di parto,e papà si è ammalato ed è morto di consunzione solo qualche mese più tardi.
I miei fratelli e le mie sorelle più grandi sono partiti tutti,ognuno in cerca di fortuna.
Io sono stata messa all’orfanatrofio,quando la sorella che mi aveva preso con sé è morta di tisi. Da lì alla strada il passo è stato breve.
Sono disperata monsieur…mi ricordo bene di voi e della vostra generosità. Se non fosse stato per il vostro aiuto,quella notte sarei morta…chissà,forse sarebbe stato meglio così…Ma non voglio parlare di questo. Ho osato disturbarvi perché mi serve aiuto,non per me ma per un’altra persona..seguitemi!”
La ragazza gli voltò le spalle,infilandosi in un vicolo.
Erik la seguì,esitante.
Non era del tutto certo che la ragazza non lo stesse attirando in un agguato per ripulirgli la borsa,ma in quel caso avrebbe ben saputo come difendersi.
Aveva giurato di non usarlo mai più,ma il micidiale Laccio del Punjab era al sicuro nella tasca del suo mantello.
Nonostante la mancanza di esercizio,non avrebbe fallito.
Ma la ragazza non aveva cattive intenzioni.
Lo condusse ad una stanza misera,nel retro di una bettola,che divideva evidentemente con altre compagne di lavoro. L’ambiente era sudicio e puzzolente.
Gli fece cenno di accomodarsi su una sedia sgangherata,e fu solo allora che lui si accorse che non erano soli nella stanza.
In un angolino,nascosta e impaurita,stava una bambina.
Doveva avere circa tre anni,forse di più ma era difficile dedurlo vista la costituzione esile;era sporca e avvolta in pochi stracci. I lunghi capelli biondi le cadevano arruffati sulle spalle,ed era scalza.
In un attimo,Erik notò la somiglianza fra le due.
“Lei è mia figlia…Angelique. Un angelo in questo inferno…”
Angelique.
Il nome perfetto per un bambina così bella. Lui si sporse verso la piccola,ma lei scappò via,nell’altro angolo.
“Non vi badate monsieur,non lo fa per cattiveria. Penso che sia un po’scema. Non parla neppure...
Certo,se fossi nata e cresciuta in un posti simile forse non vorrei parlare nemmeno io.
Come vi dicevo,sono disperata. Non trovo lavoro e per mangiare devo..arrangiarmi come posso.
Non posso neppure contare su suo padre,è stato ucciso.”
Tirò su con il naso,evidentemente addolorata da quel ricordo.
“Il padrone della stanza ci sbatterà per strada molto presto,sono in arretrato con i pagamenti. Vi ho visto così ben vestito e ho pensato..ho pensato che eravate un uomo buono una volta…e che forse lo siete ancora..”
Le ultime parole di Catherine si persero nei suoi singhiozzi.
Erik si sentì stringere il cuore.
Quella ragazza aveva pressappoco l’età della sua Christine,eppure che vita d’inferno aveva già vissuto!
“Non vi dovrete più preoccupare. Verrete con me. Vi troverò una sistemazione, ed un lavoro. Vostra figlia non dovrà più vergognarsi di sua madre.”
La ragazza alzò gli occhi cerchiati su di lui,con uno sguardo speranzoso.
Lui si affrettò a chiarire.
“Non voglio nulla in cambio...Voglio soltanto aiutarvi. Non voglio che tua figlia debba conoscere il tuo stesso destino,capisci?”
Catherine sorrise mestamente,annuendo.
“Su,sbrigati. Lasceremo questo posto immediatamente.”
Come arrivano lontano i raggi di quella piccola candela: così splende una buona azione in un mondo malvagio.
William ShakespeareMadame Giry non stava dormendo.
Tra le mani reggeva una lettera di Christine.
Tutto era andato come avevano progettato.
Christine era come svanita nel nulla,neppure Meg era stata messa a parte del progetto: la ragazza era troppo ingenua,avrebbe potuto tradirsi.
Christine aveva raggiunto i suoi parenti,nei dintorni di Marsiglia,e si era trovata bene presso di loro.
Aveva maturato l’idea di imbarcarsi alla volta dell’Italia,la patria del bel canto. Là avrebbe potuto facilmente trovare impiego in un qualunque teatro dell’Opera,anche sotto falso nome se necessario.
Nessuno l’avrebbe mai più rintracciata,e sarebbe tornata a Parigi solo quando lo avesse voluto..
…o SE lo avesse voluto. Madame Giry sperava infatti che la ragazza riuscisse a cominciare una nuova esistenza,un’esistenza felice,e che avrebbe quindi deciso di tagliare i ponti con il passato.
Oh,certo,le sarebbe mancata infinitamente quella figliola…ma del resto,non dobbiamo forse sacrificarci per il bene di coloro che amiamo?
Perfino Erik lo aveva fatto..
Quando udì bussare alla porta,le si mozzò il respiro. Meg quella sera era rimasta a dormire con le amiche al dormitorio del Teatro. Che le fosse accaduto qualcosa?
Tremante,si precipitò ad aprire.
Sulla soglia vide Erik,e dietro di lui una ragazzina scheletrita e sporca,chiaramente una donna di malaffare,che reggeva al petto una bambina addormentata.
“Madame,ho di nuovo bisogno del vostro aiuto.”
Erik le espose molto brevemente la situazione.
Non le disse chi fosse la ragazza,né perché lui l'avesse presa sotto la propria ala protettiva.
Le chiese soltanto di aiutarla a ripulirsi e a rimettersi in forze,e di trovarle qualcosa di decente da indossare.
“Non c’è bisogno di qualche donna delle pulizie o sartina,al teatro? La ragazza è capace,e volenterosa…Qualunque occupazione andrebbe bene.”
Madame Giry lo fissava perplessa.
Naturalmente avrebbe aiutato quella creatura e sua figlia…ma non capiva come mai Erik avesse sposato quella nuova causa.
Possibile che…no,non poteva essere.
Si erano visti di rado negli ultimi tre anni,ma lui non le avrebbe certo nascosto di avere una donna. Eppure..
quella ragazza era così disperata da non aver avuto paura di lui?
Forse quella bambina…no,non doveva pensarci. Non poteva essere.
E se invece fosse stato così,sarebbe stato solo un bene.
Sarebbe la prova che ha dimenticato Christine,concluse.
Dopo che la ragazza e la bambina ebbero mangiato voracemente la cena frugale che Madame Giry aveva preparato alla bell’e meglio,la padrona di casa le condusse alla camera che era stata di Christine.
Aiutò Catherine a preparare il letto e poi uscì. Chiuse la porta,lasciandole riposare.
Fu allora,che tornando verso il salottino,fu fulminata da un pensiero.
Nella fretta di andare ad aprire la porta, aveva lasciato la lettera di Christine sulla credenza del corridoio.
Quella lettera che Erik stava rigirando nervosamente fra le mani.